APPUNTI DI SOCIOLOGIA DELL’ARTE
HEINICH: “LA SOCIOLOGIA DELL’ARTE”.

Che cosa è la sociologia dell’arte? La sociologia dell’arte è nata nell’ambito degli specialisti di estetica e di storia dell’arte e non della sociologia. Chi sono i sociologi dell’arte?

Le tre generazioni:
a) il debole contributo della sociologia
Georg Simmel ( Rembrandt, Michelangelo, Rodin e il condizionamento del cristianesimo; simmetria, regime autoritario, asimmetria, regime liberale).
più ci si avvicina all’arte, più ci si allontana dalla sociologia e ci si avvicina alla storia dell’arte, disciplina che dell’arte ne ha fatto il suo oggetto”. In posizione intermedia tra le due c’è la:
Storia Sociale dell’arte non aspira né ad una teoria dell’arte né ad una teoria della società.
La sociologia dell’arte nasce nel momento in cui viene introdotto negli studi sull’arte un terzo termine: la società.


1) ESTETICA SOCIOLOGICA.
Arte e società. E’ una tendenza oramai abbastanza datata. Ha luogo durante la prima metà del XX secolo e si preoccupa di sociologia a livello sia estetico che sociologico; nella tradizione marxista ed anche nelle opere di alcuni storici dell’arte atipici tra gli anni 40 e gli anni 50.
Norbert ELIAS: il campanile gotico ha una spiegazione fondata su cause esterne all’arte, oltre le cause estetiche o spiritualistiche ma sociali. L’arte non è più autonoma ma eteronoma.
Charles LALO: “
non si ammira la venere di Milo perché è bella ma è bella perché si ammira”.
1) LA TRADIZIONE MARXISTA: tesi del materialismo. Non vi è alcuna sociologia dell’arte negli scritti di Marx. Gyorgy Lukàcs: legame tra le condizioni economiche e la produzione artistica; lotta di classe e la borghesia; propugna il realismo letterario come il solo capace a rappresentare la vita sociale nella sua totalità.
L’applicazione delle tesi marxiste è dovuta ad alcuni storici dell’arte inglesi: Klingender
rapporti tra produzione pittorica e rivoluzione industriale.
Contestazione all’approccio marxista da parte di Gombrich.
La tradizione marxista abbina eteronomia e de-idealizzazione, riducendo i fatti artistici a determinazioni extraestetiche.

2) SCUOLA DI FRANCOFORTE: alcuni saggi pubblicati durante gli anni 30 da parte di alcuni filosofi tedeschi: ADORNO (musica: Stravinskij e Schönberg) e BENJAMIN (
L’opera d’arte nell’era della sua riproducibilità tecnica: sviluppo della ricezione di massa perdita dell’aura dell’opera d’arte). Forte connotazione politica.

3) PIERRE FRANCASTEL: viene dalla storia dell’arte vera e propria (non dagli storici, storici marxisti – non da filosofi, scuola di Francoforte). In quanto storico dell’arte analizza formalisticamente gli stili sia in pittura che in scultura e li mette in relazione con la costruzione dello
spazio prospettico. Lo sguardo dei pittori ha contribuito a formare il rapporto con lo spazio dell’intera società. L’arte non è un riflesso (concezione marxista), ma un una costruzione, un potere di ordinare e prefigurare. Il pittore stesso costruisce la natura che rappresenta. Gli artisti subiscono l’influenza della società in cui vivono ma a loro volta agiscono su di essa.

La storia dell’arte “sociologizzante” accosta invece eteronomia e idealizzazione riconoscendo all’arte potere sociale.
Un nuovo campo si è aperto per la sociologia.
Punti deboli: a) FETICISMO DELL’OPERA è assunta sempre come punto di partenza delle riflessioni.

2) STORIA SOCIALE DELL’ARTE. Prima della seconda guerra mondiale, anni 50. Tradizione molto più empirica. Sviluppata in Inghilterra ed in Italia. Arte nella società. Indagine empirica applicata al passato ed al presente.
Mediazione (3)
a) MECENATISMO. Il mecenatismo apre un varco di primaria importanza in quanto pone l’attenzione sui condizionamenti esterni
- HASKEL “
Mecenati e pittori”.

b) ISTITUZIONI
PEVSNER, studio sulle accademie “
Poco a poco iniziai a rendermi conto della possibilità di scrivere una storia dell’arte vista non tanto come evoluzione di stili quanto come evoluzione dei rapporti fra arte e mondo circostante”.
Funzionamento delle amministrazioni culturali.

c) CONTESTUALIZZAZIONE. Numerosi storici dell’arte si sono interessati al contesto di produzione o di ricezione delle opere:
L’impostazione è meno materialista ed economicista delle correnti marxiste di prima generazione; le analisi non guardano più il semplice contesto materiale ma sono rispettose delle specificità delle determinazioni insite nel processo creativo:
- MEISS: riaccendersi della religiosità in seguito all’epidemia.
- SCHAPIRO e GOMBRICH producono analisi basate su ricerche microsociali: mecenatismo, generi artistici, critica d’arte, rapporti tra artisti e clienti.
- BAXANDALL “
La pittura era troppo importante per essere lasciata ai soli pittori”, l’opera era secondo lui il “prodotto di un rapporto sociale” (studio del denaro, delle commissioni, dei condizionamenti insiti, dei contratti e degli accordi).
Pubblico (1)
d) AMATORI. Ci poniamo a valle della produzione delle opere. Complesso intreccio tra fra attori e azioni, fra oggetti e sguardi. Sociologia dei collezionisti e dei pubblici dell’arte, storia del gusto, storia sociale della percezione estetica, sono altrettanti modi possibili di affrontare il problema della ricezione.
- HASKELL è colui che ha affrontato il problema della ricezione; osservando l’assenza di artisti annoverati tra i maggiori di oggi,
mette in evidenza i mutamenti della sensibilità estetica legata al cambiare della politica, della moda, del commercio e della religione.
SCUOLA DI COSTANZA:La sociologia della ricezione è nata e si è affermata in Germania. Il problema di come le persone vedono, ascoltano o leggono un’opera, è per il sociologo interessante altrettanto quanto i suoi significati.
Produzione (1)
e) PRODUTTORI. Passando dal mecenatismo al contesto, ed infine alla ricezione, ci si è allontanati da un approccio esplicativo incentrato sulle opere, tipico di una sociologia dell’arte di prima generazione.
- MARTINDALE: studio dedicato al progressivo innalzamento sulla scala sociale dello statuto dei produttori di immagini prima del Rinascimento.
- MONTIAS: situazione dei pittori a Delft nel XVI secolo e della corporazione di san Luca.
- HEINICH: statuto dell’artista dal Rinascimento al XIX secolo partendo dal regime artigianale al regime accademico rinunciando a spiegare le opere. Ha spiegato l’itinerario necessario nel tempo per la costruzione dell’identità dell’artista.

Questi lavori ci permettono di misurare quanto con la Storia sociale dell’arte di seconda generazione si sia evoluta la Sociologia dell’arte rispetto alla Storia culturale ed all’Estetica sociologica di prima generazione.


3) SOCIOLOGIA EMPIRICA. Anni 60. Francia e Stati Uniti. L’università ha un ruolo secondario. Si basa sull’indagine empirica ma non applicata al passato ma al presente mediante la statistica, l’econometria (branca dell'economia che utilizza la matematica e la statistica per indagare sulle leggi e le relazioni quantitative dei fenomeni economici), le interviste, le osservazioni.
Arte come società: insieme delle interazioni, degli attori delle istituzioni, degli oggetti, in un processo evolutivo comune teso a fare esistere ciò che siamo soliti chiamare arte. Analizza il funzionamento dell’ambiente in cui l’arte si manifesta, riservando attenzione ai processi.
Si apre il dialogo con altri campi della sociologia.
La sociologia dell’arte ora
si rende autonoma e si emancipa dall’estetica e dalla storia dell’arte. Sono stati fatti enormi passi avanti rispetto a quando si ipotizzavano studi su arte e società, arte nella società. La Sociologia dell’arte è ora una branca del sapere come la Storia con dei precursori, dei capostipiti e degli innovatori.
Ora non è più possibile immaginare un’arte al di fuori della società né un’arte solo all’interno della società.
L’arte ora e’ un’attività sociale fornita di caratteristiche proprie.
La sociologia dell’arte ora si libera dall’obbligo gravoso di produrre una “teoria del sociale” partendo dall’“arte” e di produrre una “teoria dell’arte” partendo dal “sociale”; i sociologi possono dedicarsi alla ricerca delle ricorrenze regolari che presiedono il moltiplicarsi delle azioni, degli oggetti, degli attori, delle istituzioni, delle rappresentazioni che concorrono a comporre l’esistenza collettiva dei fenomeni riconducibili al termine “arte”.

RISULTATI DELLA SOCIOLOGIA DI TERZA GENERAZIONE
1 - LA RICEZIONE (1-Pubblici, 2-Gusto,3-Pratiche culturali, 4-Percezione estetica, 5-Ammirazione per l’arte).

E’ lo sguardo dello spettatore a fare il quadro”. Questa frase di Duchamp dimostra che l’arte, come ogni fenomeno sociale, non è un dato di natura, ma un fenomeno costruito nella storia e attraverso le pratiche (la Gioconda). Finalmente emancipata da un progetto esplicativo incentrato sulle opere, la sociologia dell’arte ha conquistato il diritto di esaminare qualunque aspetto del mondo dell’arte.

a) PUBBLICI: differenziati per fasce di appartenenza. BOURDIEU.
1) Il pubblico non è uno solo ma sono tanti tipi, in funzione di stratificazioni sociodemografiche – età, sesso, origine geografica, ambiente sociale, livello di studi e reddito.
2) L’
amore per l’arte era stato attribuito ad una predisposizione individuale mentre ora si evidenzia il ruolo della famiglia (in particolar modo della madre). Bourdieu ha aggiunto la nozione di capitale culturale misurato sui titoli di studi superiori.
Attraverso l’osservazione dei pubblici si evidenzia che nei musei si continuano a moltiplicare gli ostacoli invisibili a causa dell’assenza di spiegazioni riguardanti le opere necessari ai profani. Bourdieu denuncia la accentuano la separazione tra profani e iniziati, la poca democratizzazione ed allo stesso modo le università invece che adoperarsi per democratizzare l’accesso al sapere non fanno che allargare il fossato tra dominati e dominanti.

b) GUSTO: inclinazioni culturali proprie degli attori, rispetto alle qualità estetiche (oggettive) delle opere (
è lo spettatore a fare il quadro).
HABITUS: sistema di disposizioni introiettate dagli attori che permette loro di giudicare la qualità di una fotografia o di orientarsi in un museo. Sistema di disposizioni durature, struttura strutturata e strutturante, insieme di capacità, di abitudini, di caratteri distintivi che formano l’individuo attraverso un condizionamento non cosciente e l’interiorizzazione dei modi caratteristici di un ambiente sociale.

c) PRATICHE CULTURALI. Studi sulla frequentazione dei teatri, dei musei, delle sale cinematografiche, dei monumenti storici (crescita degli ingressi in Francia dovuta a innalzamento del livello di istruzione e dall’aumento pubblicizzato degli eventi- intensificazione delle pratiche culturali). Ma è aumentata la democratizzazione o si sono intensificate le pratiche?
L’ intensificazione delle pratiche ha una valenza commerciale, la democratizzazione è una sfida culturale (fare accedere fasce di popolazione meno favorite).

d) PERCEZIONE ESTETICA.
Come si vede quello che si vede? L’approccio statistico può essere migliorato tramite indagini qualitative specifiche. La ripresa filmata all’interno di un museo permette di stabilire tipologie di percorsi differenziati. registrazione del tempo dedicato ai quadri (non esaustiva: iniziato o curioso con buona volontà?).
Storia del vandalismo.
Le proprietà oggettive delle opere, sia i quadri di riferimento mentali dei fruitori e i contesti pragmatici di riflessione devono entrare in gioco affinché un oggetto possa essere qualificato in termini estetici.

e) L’AMMIRAZIONE PER L’ARTE. Nel repertorio dei registri di valore propri di una cultura, l’estetica figura soltanto come una possibile modalità per classificare le opere ed i loro autori, insieme alla morale, alla sensibilità, alla razionalità economica, al sentimento della giustizia.
Tra chi guarda i quadri, si inseriscono due ordini di mediazioni:
1) categorie di riferimento culturale: percezione, identificazione, valutazione
2) oggetti: strumenti, immagini, cornici, supporti, edifici.
Tutti concorrono a dare forma alle emozioni.


LA MEDIAZIONE. (1-Person, 2-Istituzioni, 3-Parole e cose).
Il termine mediazione vuol dire ciò che si interpone tra OPERA e RICEZIONE. Quindi: sociologia del mercato, degli intermediari culturali, dei critici, delle istituzioni. si possono individuare parecchie categorie di mediatori, noi analizziamo le persone, le istituzioni, le parole e le cose.

a) LE PERSONE: Rete di attori che cooperano tra loro: mercanti, collezionisti, critici, banditori, conservatori, curatori, storici dell’arte ecc… Quando si devono prendere in considerazione attori coinvolti nei valori monetari si sconfina nel campo dell’ Economia dell’arte.
HEINICH: curatori categoria che tende a trasformare lo statuto di professionista in “autore”.

b) LE ISTITUZIONI: Un’istituzione può orientare e trasformare la pratica, lo statuto o la ricezione di un’attività artistica. Le collezioni dei vari enti influiscono sull’ambiente artistico; i musei agiscono sul valore sia economico sia culturale delle opere. In assenza di vere accademie oggi il ruolo centrale assegnato loro per il passato viene preso dalle “
accademie invisibili”, formate da funzionari amministrativi che orientano la politica culturale e di conseguenza, influenzano l’attività creativa.

c) LE PAROLE E LE COSE: Parole, cifre, immagini, oggetti che si frappongono tra un’opera e gli sguardi di chi la osserva. La caratteristica di queste mediazioni è di essere invisibili ed allo stesso tempo presenti (“
il nostro personale museo immaginario”, MALRAUX). Ogni incontro con un’opera è già nutrito da tutte le immagini delle altre opere che abbiamo immagazzinato e con le quali abbiamo stabilito una serie di confronti anche senza rendercene conto: biografie degli artisti, pubblicità, le edizioni d’arte.
Poi ci sono i quadri di riferimento mentali che in modo ancor meno visibile, materializzati in misura diversa in abilità corporee concorrono al formarsi di una percezione estetica.

TEORIE DELLA MEDIAZIONE. (1-Sociologia della Mediazione, 2-dei Campi, 3-del Riconoscimento)
Spesso è difficile separare la
mediazione dai due poli che la comprendono: produzione e ricezione. Se però li teniamo separati corriamo il rischio di tornare alla preistoria della disciplina quando società (ricezione) e opera (produzione) erano due poli distinti e separati (arte e società), cosa che non fa volutamente la terza generazione. Se accettiamo di trattare l’arte come società, i confini non sono così evidenti e lasciamo posto ad un sistema di relazioni fra persone, istituzioni, oggetti, parole, in virtù del quale si organizzano i continui spostamenti tra le molteplici dimensioni dell’universo dell’arte. In senso più lato, per “mediazione” si intende tutto ciò che si interpone fra l’opera e il suo fruitore, confutando l’idea presociologica di un rapporto faccia a faccia tra le due realtà. In questa prospettiva anche altri approcci possono fornire un supporto teorico alla nozione di mediazione.
- SOCIOLOGIA DELLA MEDIAZIONE. HENNION, BLOOR: bisogna svincolarsi dall’opposizione sterile tra analisi interna ed analisi esterna come da quella tra valore intrinseco delle opere e credenza in tale valore. Seguire le operazioni di selezione progressiva dei grandi momenti della storia dell’arte; non trascurare i percorsi attraverso i quali le opere sono giunte fino a noi nel processo che lega produzione e ricezione, interrogarsi sempre sul formarsi simultaneo delle opere di pregio e dei sistemi per valutarli, degli ambienti in cui le valutazioni avvengono. Guardarsi dal separare le due realtà che sono indissociabili.
- SOCIOLOGIA DEI CAMPI. BOURDIEU: Tiene conto del contesto dell’attività in uno spazio bidimensionale che comprende la realtà economica e la realtà culturale. Esempio: il “
campo” della letteratura non si riferisce più solamente all’opposizione originaria tra un “creatore” ed una “società” ma alle relazioni tra produttori, editori, specialisti, lettori.
- SOCIOLOGIA DEL RICONOSCIMENTO. Oltre ad integrare la duplice articolazione spaziale e temporale, inserisce una dimensione fondamentale: la costruzione della notorietà dell’artista. Si basa sul modello dei “
cerchi concentrici”: il primo è composto dai pari (chi pratica l’arte), il secondo da mercanti e collezionisti, il terzo dagli specialisti, il quarto dal grande pubblico.
Queste tre teorie della mediazione non si escludono a vicenda ma sono punti di vista differenti con i quali analizzare (attività di base per la sociologia empirica) tutto ciò che avviene quando l’opera esce sconosciuta e solitaria dall’atelier dell’artista per entrare nel mondo e per relazionarsi con la società.


LA PRODUZIONE, 1-Sociologia del Dominio, 2-Sociologia Interazionista, 3-Sociologia dell’identità.
Che cosa è un autore?” Foucault con questa domanda dava inizio alla decostruzione di una categoria che semplice in apparenza, si rivela a un esame accurato, insidiosamente complessa. Le professioni artistiche sono una vera e propria sfida all’analisi sociologica. Ci si può attenere sempre al criterio di autodefinizione e considerare artisti tutti coloro che si definiscono tali. La definizione di artisti rimanda ad una duplice gerarchia: da una parte la distinzione tra arti maggiori ed arti minori, l’altra tra professionisti e amatori. Gli artisti hanno origini eterogenee, provengono da ambiti diversissimi.
Accade anche che gli intervistati si dichiarino autodidatti privilegiando il dono individuale rispetto all’apprendistato. La categoria è atipica e la sua singolarità risalta anche per le difficoltà metodologiche che si incontrano nel tentativo di inquadrarla statisticamente.
BOURDIEU: la figura dell’artista non è più esaminata in quanto individuo con propria psicologia come vuole l’estetica tradizionale né in quanto membro di una classe sociale come vuole la tradizione marxista,
viene ora esaminato in quanto occupa una determinata posizione nel campo di produzione ristretta in cui esplica la sua creazione. Al parametro collettivo di “campo” corrisponde il parametro individuale di “habitus”. Ciò che siamo soliti chiamare creazione è l’incontro tra un habitus socialmente costituito e una certa posizione già istituita o possibile nel lavoro di produzione culturale. Il soggetto dell’opera d’arte non è dunque né il singolo artista, che ne costituisce la causa apparente, né il gruppo sociale, ma il campo di produzione artistica nel suo insieme.


SOCIOLOGIE DELLA PRODUZIONE: 1- del Dominio, 2-Interazionista, 3-dell’Identità
a) LA SOCIOLOGIA DEL DOMINIO. Questa analisi ha il vantaggio di evitare il rischio di subordinare l’opera ed il suo produttore individuale ad un’istanza troppo generale grazie al concetto di “autonomia relativa”.
MAX WEBER:
Si mettono in luce le gerarchie che strutturano il campo; si mettono in evidenza gli effetti di legittimazione in virtù dei quali i valori “dominanti” si impongono ai valori “dominati” che li riconoscono come legittimi, partecipando al processo della loro riproduzione e di conseguenza, al proprio relegamento in posizione di inferiorità. In quest’ambito qualsiasi persona dotata di notorietà o di potere diventa, in quanto “dominante”, fautrice o complice di un esercizio di legittimazione. caratteristica di questa Sociologia è il campo.
b) LA SOCIOLOGIA INTERAZIONISTA.
HOWARD BEKER non tenta più una identificazione (dei produttori), descrive invece le azioni e le interazioni (tra i produttori) di cui le opere sono la risultante. Grazie a quest’approccio decostruisce alcune concezioni radicate nella tradizione, quali la superiorità intrinseca delle arti e dei generi maggiori, l’individualità del lavoro creativo, l’originalità o singolarità dell’artista. Pone l’accento sull’interdipendenza (tra i produttori) e le interazioni effettive che concorrono a formare, ad “etichettare”, a qualificare materialmente e mentalmente un oggetto come opera d’arte.
La nozione di
campo, caratteristica della sociologia del dominio di Bourdieu, insiste sulle strutture soggiacenti, le gerarchie interne, i conflitti e la posizione rispetto ad altri campi di attività. Le due nozioni (campo e interazione) hanno in comune il mettere in evidenza la pluralità delle categorie degli attori operanti nel mondo dell’arte. In conformità con il progetto positivista le due tendenze hanno come soggetto esclusivo l’esperienza reale e non le rappresentazione che se ne fanno gli attori.
c) LA SOCIOLOGIA DELL’IDENTITA’ (collettiva)
ELIAS: Non più una morfologia della categoria, né uno svelamento dei rapporti strutturali di dominio e neppure una descrizione delle interazioni e dei modi in cui essi avvengono, bensì un’analisi dell’identità collettiva dei creatori nelle dimensioni sia soggettive che oggettive.
La base metodologica su cui si poggia questo tipo di analisi non è tanto la statistica o l’osservazione diretta delle condotte, quanto l’analisi dei discorsi e se ci sono delle immagini – testi scritti contenenti biografie, autobiografie, corrispondenze di artisti, opinioni raccolte per mezzo di interviste.

La sociologia dei produttori permette di rilevare, in termini statistici, la ricorrenza dei profili di carriera analoghi e la loro eventuale correlazione con fattori extra-artistici: origine sociale, strategie mondane, affinità politiche, omologie con i mediatori o con i pubblici più atti a garantire un riconoscimento adeguato.

Il sostantivo artista si è imposto alla fine del 1700 per designare i pittori e gli scultori che prima si chiamavano artigiani. L’evoluzione del termine rispecchia due fattori: la valorizzazione progressiva della creazione nelle società occidentali e la tendenza a spostare l’interesse dal giudizio estetico sull’opera alla persona dell’artista. Questo modo di valorizzare l’artista implica un’estensione del vocabolo che rende i contorni della categoria più sfumati quanto più si accresce il prestigio di chi ne fa parte.

LA QUESTIONE DELLE OPERE
La sociologia delle opere costituisce l’aspetto più ricco di aspettative, il più controverso ed il più deludente della disciplina. Fare sociologia delle opere significa “
passare dall’analisi esterna all’analisi interna”, dal contestuale all’estetico. Significa analizzare cose molto diverse, a partire dalle componenti materiali alla tendenza a mettere in relazione le caratteristiche estetiche di un’opera con proprietà ad essa non direttamente pertinenti. Fare sociologia delle opere implica una serie di problematiche:
1) presunzione della sociologia dell’arte di essere egemone sulla storia dell’arte o sull’estetica. Vorrebbe insegnare qualcosa agli specialisti di queste discipline
2) così facendo si attribuirebbe maggiore importanza alle cose piuttosto che alle persone, ambito radicato nel modo degli specialisti dell’arte.
3) assenza di un metodo di descrizione delle opere stesse. Mentre le persone, i gruppi, le istituzione si prestano ad una indagine statistica, questo non è possibile per le opere.
Se la sociologia ha una sua specificità, questa consiste nel fatto che lavora a livello del collettivo.
Rischio di egemonismo, tendenza ad adottare spontaneamente il punto di vista degli attori, assenza di un linguaggio specifico per le descrizioni: altrettante buone ragioni per dubitare che la sociologia sia una disciplina provvista degli strumenti adatti per studiare in modo approfondito le opere d’arte.

VALUTARE: “
Identificare e spiegare i processi sociali e i tratti culturali che concorrono a fare il valore artistico delle opere” (Passeron); si tratta di stabilire il valore artistico obiettivamente o di stabilire il valore artistico in base alla valenza sociale?
- RAGIONE SOCIOLOGICA: Si tenta di dare una ragione sociologica al valore delle opere spiegando la grandezza di un’opera con la capacità di esprimere la sensibilità nell’epoca in cui è stata creata? Così si rischia di creare un doppione della figura del critico.
- DECOSTRUZIONE: si decostruiscono le valutazioni indigene; non esiste quindi un valore assoluto, e le produzioni minori hanno la stessa legittimità delle grandi opere. Qui la sociologia valica le barriere gerarchiche indigene. Si corre un duplice rischio: vengono meno i valori estetici e si nega la possibilità di capire i processi di valutazione che per gli attori, danno un senso alla nozione di capolavoro o di valore artistico.
- RICERCA: ci si limita a descrivere le operazioni e le giustificazioni che permettono agli attori di escludere od includere nella categoria “arte” un’opera (
Fountain, Duchamp). Non ci pronuncia più sulla natura dei valori ma si descrivono e si analizzano le variazioni dei valori senza esprimersi sulla loro essenza.

Il saggio di Foucault su Velàsquez dimostra la possibilità di una sociologia delle opere. Le opere che offrono questa possibilità sono un’eccezione, e non si prestano a questo tipo di analisi le opere di tutte le epoche (quelle del Rinascimento sono più appropriate rispetto alle contemporanee i cui determinanti fanno parte di un gioco interno al mondo dell’arte). Se si assumono le classificazioni e le scale dei valori indigene come se fossero categorie oggettive, corriamo il rischio di riprodurre il lavoro degli attori. Non si può interpretare sociologicamente l’arte barocca senza decostruire il Barocco. Ultimo problema: se si vuole dimostrare l’eteronomia delle opere, interpretate come espressione di una società o di una classe sociale presa nel suo insieme, significa attribuire loro un potere straordinario idealizzandole e torniamo nella sociologia di prima generazione.

SOCIOLOGIA PRAGMATICA. Studio delle azioni esercitate dalle opere. Cosa fanno le opere e cosa significano? Si tratta di osservarle
in situazione attraverso un’indagine empirica. In quanto fattori di trasformazione possiedono proprietà intrinseche che agiscono in modi differenti sulle emozioni di coloro che le ricevono, commovendoli, sconvolgendoli, impressionandoli. Agiscono sulle categorie cognitive a volte scompaginandole o avvalorandole, sui sistemi di valori ecc…
La pittura agisce sulla rappresentazione del mondo circostante che si ricompone nel nostro sguardo alla luce delle forme artistiche. L’arte contemporanea sa meglio decostruire le categorie cognitive. Grazie alla sistematica violazione dei confini mentali e materiale fra arte e non arte, le proposte degli artisti contemporanei hanno contribuito ad estendere la nozione di arte e nel contempo a provocare una frattura sempre più profonda fra gli iniziati che integrano questo ampliamento al loro spazio mentale e i profani che reagiscono riaffermando i limiti del senso comune.
Il sociologo può indagare le opere in sé mostrando ad esempio come e perché esse decostruiscano i criteri tradizionali di valutazione oppure producano o attivino certe strutture dell’immaginario; non per motivarne le cause, il valore o i significati ma per trattarle come attori a pieno titolo nella vita sociale, importanti e “sociali” come gli oggetti naturali, come le macchine, come gli esseri umani.

UNA SFIDA ALLA SOCIOLOGIA
La terza generazione ha provato che la sociologia dell’arte appartiene alle scienze sociali piuttosto che alle discipline umanistiche. Oggi non serve più liberare il proprio oggetto dalla tradizione estetica ma si
cerca di inscrivere la sociologia dell’arte all’interno della disciplina sociologica.
RENDERE AUTONOMA LA DISCIPLINA. Il primo compito è quello di rendersi autonoma dal proprio oggetto, emanciparsi dal fascino dell’oggetto e dal desiderio di competere con la storia dell’arte o la critica d’arte (altrimenti non si passa lo stadio della prima generazione). In altre parole bisogna farla uscire dal campo delle discipline artistiche. Questa sarebbe la condizione per costruire un vero e costruttivo dialogo con la storia dell’arte, della musica, della letteratura.
Le opere devono perdere di centralità.
USCIRE DALLA CRITICA. La sociologia deve contestare i valori dominanti in quanto illusori o elitari? Deve astenersi dal prendere posizioni? Il sociologo deve dimostrare che la creazione artistica è fenomeno collettivo e non individuale? O deve invece
descrivere gli spostamenti tra l’individuale ed il collettivo che avvengono nel rapporto con la creazione? Oggi la sociologia è perfettamente in grado di svelare e denunciare agli attori gli effetti di dominio, sensibilizzando le loro capacità critiche.
Bisogna rifiutare una posizione normativa, qualunque essa sia, astenendosi da giudizi sulla natura dei valori. Bisogna analizzare mettere in evidenza le logiche che permettono agli attori di orientarsi. Il sociologo non ha più il compito di prendere parte alle controversie ma di
analizzarle. egli non ha il compito di decidere chi ha ragione tra gli attiri ma, fare capire quali sono le loro ragioni.
Bisogna fare emergere, utilizzando la statistica, le
correlazioni e le casualità esterne ai fatti. Si dovranno esplicitare le logiche soggiacenti.
La sociologia dell’arte può interessarsi alle persone, ai contesti o agli oggetti in base al grado di pertinenza attribuito loro dagli attori anziché secondo una gerarchia decisa a priori e,
descrivere le azioni e le rappresentazioni al solo scopo di comprenderle.

VERSO UNA QUARTA GENERAZIONE? Dopo le precedenti si tratterebbe di studiare
la sociologia dell’arte stessa come produzione degli attori. Parte dei sociologi dell’arte che hanno fatto la storia della disciplina potrebbero diventare, a loro volta oggetto della ricerca, indigeni intrisi di valori e di rappresentazioni, missionari del “sociale” che sbarcano nelle terre dell’arte per evangelizzarle.

io@giacomobelloni.com


_______________________________________________________________________________________

NOTA BENE: ARCHIVIOARTE non ha alcun fine di lucro. Ogni proposta qui contenuta ha la sola finalità di promuovere la diffusione dell'arte in quanto considerata patrimonio di tutti e per tutti. Ogni iniziativa, ogni azione ed ogni pubblicazione è autoprodotta e diffusa unicamente per amor di cultura e per il convincimento che la sua condivisione ci possa rendere più ricchi spiritualmente e più liberi.
Nulla di quanto qui pubblicato ha contenuti politici.

_______________________________________________________________________________________

"È vero, principe, che una volta avete detto che il mondo sarà salvato dalla bellezza?" Dostoevski, L'Idiota

_______________________________________________________________________________________