GREIMAS: LA SEMIOTICA NARRATIVA E DISCORSIVA

La retorica è nota come arte del persuadere ed appartiene ad
una determinata classe di discorsi, quelli persuasivi.
Il
far credere non è, comunque, l'unica modalità presente nei discorsi.
Questo sarà chiaro dopo il nostro approfondimento di alcune intuizioni della semiotica strutturalista, in particolare di Algirdas Julien Greimas.

Greimas, partendo dall'analisi proppiana delle fiabe di magie russe e da alcune intuizioni della linguistica strutturalista, in particolare di Hjelmslev e Benveniste, giunge ad elaborare un potente modello di analisi della
forma del contenuto.
Del vasto impianto teorico greimasiano ci occuperemo in particolare della
sintassi narrativa e della sintassi discorsiva.
Bisogna comunque ricordare che il senso si manifesta sotto forma di
significazione attraverso un percorso generativo dal più semplice al più complesso, dal più astratto al più concreto (cfr. fig.1.).
La
struttura elementare della significazione, posta nel livello semio-narrativo profondo, è rappresentabile attraverso il quadrato semiotico.
Non potremo, inoltre, nel corso della presentazione della teoria greimasiana e, successivamente, nell'analisi della rappresentazione giornalistica di un evento non fare ricorso a concetti come
isotopia e figurativizzazione che sono propri dei livelli semantici.
Il modello teorico greimasiano ci permette di analizzare non solo racconti orali e letterari, ma anche testi dal
significante non lineare, come quelli pittorici o fotografici, sino ai grandi fenomeni sociali.

2.8.1. La
narratività

Centrale in Greimas è l'intuizione che "la componente narrativa assume il ruolo di un universale del
piano del contenuto dei linguaggi" (MARSCIANI e ZINNA, 1991, 65).
La
narratività, quindi, non è solo una proprietà dei racconti e delle fiabe ma di ogni tipo di discorso.
Greimas parte dall'analisi di Propp sulle fiabe di magia russe e dalle critiche rivolte a quest'ultimo da Lévi-Strauss
(cfr.2.3.2.).
La riflessione sui raggruppamenti delle unità narrative ha portato Greimas ad individuare l'alta ricorrenza delle
configurazioni discorsive del contratto, della prova e del dono.
In particolare, la
prova è quella configurazione discorsiva che mette in rilievo la natura polemica del discorso.
Essa corrisponde, al livello della
sintassi narrativa di superficie, ad un programma narrativo in cui soggetto del fare e soggetto di stato sono sincretizzati in un unico attore ma è implicata anche l'esistenza di un anti-soggetto volto a realizzare il programma inverso.
Nella
prova vi è un trasferimento di oggetti di valore tale che vi è un'appropriazione e una spoliazione.
Lo schema della prova sembra riflettere il senso della vita nell'articolazione di tre momenti fondamentali:

    Greimas supera lo schema delle funzioni narrative proppiane, in quanto sulla scia di Lévi-Strauss, non pone l'ordine delle prove in una successione temporale ma di presupposizione logica (cfr.2.3.2.).
    Infatti, un
    soggetto può essere qualificato o competente senza mai passare all'azione o vi possono essere azioni che non sono riconosciute o sanzionate.

    2.8.2.
    Attori ed attanti

    Propp aveva individuato sette
    sfere d'azione dei personaggi (cfr.2.3.1.).
    Dalla riflessione su questo, Greimas introduce lo
    schema attanziale articolato sulle coppie destinante-destinatario, soggetto-oggetto, aiutante-opponente.
    Quest'ultima coppia è stata poi riassorbita nella teoria delle
    modalità (cfr.MARSCIANI e ZINNA, 1991, 68).
    Per quanto riguarda la coppia
    soggetto-oggetto, dobbiamo notare che essi si definiscono reciprocamente.
    Un
    soggetto è tale solo per la sua relazione giuntiva con l'oggetto.
    Il desiderio o
    volere un oggetto dà origine a trasformazioni congiuntive, l'avversione o non volere dà origine a trasformazioni disgiuntive.
    Centrale per capire la relazione tra
    soggetto ed oggetto è la categoria di valore.
    L'
    oggetto è sempre un oggetto valorizzato ed il soggetto è colui per il quale quell'oggetto acquista un senso, grazie al valore investito.
    Il
    valore è
    "ciò che rende possibile, per i soggetti e gli oggetti discorsivi, l'esistenza semiotica, questo modo specifico di esistere che consiste nel fungere da articolazioni del senso" (MARSCIANI e ZINNA,1991,79).
    Per quanto riguarda la coppia
    destinante-destinatario, possiamo notare che il destinante corrisponde alla sfera d'azione del mandante in Propp, mentre il destinatario corrisponde al soggetto-eroe a cui viene dato il compito di rimediare al danneggiamento o alla mancanza.
    Questi due
    attanti non sono sullo sullo stesso piano.
    Il
    destinante, infatti, oltre ad essere colui che comunica al destinatario la competenza e l'insieme dei valori in gioco è anche colui che ha il compito di sanzionare la performanza del soggetto, facendosi garante di un universo di valori e ponendosi così su un livello trascendente.
    Possiamo dire che
    "al Destinante pertiene il volere, spesso comunicato attraverso un oggetto di natura linguistica, e che al destinatario compete il dovere circa l'azione da portare a termine" (MARSCIANI e ZINNA, 1991, 67).
    Data la struttura polemica dei discorsi, abbiamo un
    soggetto con il suo destinante ed un anti-soggetto con il suo anti-destinante.
    Come detto prima, l'
    anti-soggetto è colui che investe nell'oggetto un valore contrario a quello del soggetto.
    Per essere precisi, chiamiamo
    opponente l'attante che agisce contro il soggetto nel momento dell'acquisizione della competenza e anti-soggetto l'attante che agisce al momento della performanza.
    Dobbiamo anche distinguere tra gli
    attanti, che appartengono alla sintassi narrativa e gli attori che si manifestano a livello della sintassi discorsiva.
    Un
    attante può essere manifestato nel discorso da più attori o un attore essere sincretismo di più attanti.
    Per esempio, in un discorso il
    destinante manipolatore può essere un attore individuale ed il destinante giudice essere un attore sociale.

    2.8.3. Le
    modalità

    Dobbiamo notare, a questo punto, che il
    modello attanziale e lo schema narrativo basato sulla prova non sono sufficienti a spiegare testi complessi come, per esempio, quelli che riguardano conflitti interiori, in quanto questi pongono "le trasformazioni su di una dimensione cognitiva che sfugge ad una descrizione per funzioni" (MARSCIANI e ZINNA, 1991, 90).
    La teoria narrativa, che si era sviluppata, come abbiamo visto attorno al
    livello pragmatico dell'atto, dovendo passare all'analisi di modelli di narrazione sempre più complessi sente la necessità di interrogarsi sulla dimensione cognitiva del soggetto che agisce.
    Si è giunti così ad una teoria che prende in considerazione le
    modalità dei soggetti che interagiscono nell'atto.
    Possiamo definire un
    predicato modale quello che "modifica un secondo predicato, semplicemente perché lo precede posizionalmente sulla catena sintagmatica della frase" (MARSCIANI e ZINNA, 1991, 91).
    Le due principali classi di
    predicati sono quelli che danno origine agli enunciati di stato o dell'essere e quelli che danno origine agli enunciati di trasformazione o del fare.
    Sia gli
    enunciati di stato che quelli del fare possono trovarsi nella posizione di enunciati modali o in quella di enunciati descrittivi (cfr. fig.2.). Abbiamo così:
      Quello che è chiamato atto pragmatico è l'insieme di una competenza e di una perfomanza in cui il soggetto di stato ed il soggetto del fare sono sincretizzati in un unico attore.
      L'
      atto pragmatico è, inoltre, inquadrato in una dimensione cognitiva, formata dai due momenti contrattuali della performanza cognitiva o manipolazione e della competenza cognitiva o sanzione.
      Il primo di questi momenti, noto col nome di
      manipolazione, è un fare cognitivo che cerca di provocare un fare somatico.
      Questo
      fare cognitivo è proprio del destinante manipolatore.
      Il secondo di questi momenti è noto col nome di
      sanzione in cui il destinante giudicatore riconosce che la performanza del soggetto è conforme all'universo dei valori di cui il destinante è garante.
      Come detto in precedenza, il
      destinante appare come un'istanza trascendente, manipolatore e giudice del rapporto contrattuale, mentre il soggetto mette in gioco il suo fare ed il suo essere, le sue competenze referenziali e modali.
      Approfondendo la tematica del
      fare persuasivo e del fare interpretativo, Greimas scopre che il percorso narrativo non è dominato da una "verità" assoluta, ma si costruisce attraverso mosse e contromosse dei soggetti che partecipano alla comunicazione.
      La comunicazione non è solo un
      fare informativo, ma anche un luogo di lotte, contrattazioni e riconoscimenti.
      La comunicazione è efficace non solo se è ricevuta dal
      destinatario ma se quest'ultimo anche aderisce alle sue modalità, sanzionandone così il contratto di veridizione.18
      Il
      fare persuasivo è un fare cognitivo che cerca di provocare un fare altrui ed i suoi programmi modali sono incrivibili nella struttura della manipolazione.
      Il
      manipolatore che esercita il fare persuasivo attraverso il potere proponendo oggetti positivi esercita una tentazione, mentre se propone oggetti negativi fa ricorso alla minaccia.
      La
      manipolazione secondo il sapere caratterizza, invece, la provocazione quando viene dato un giudizio negativo sulle competenze del destinatario, mentre se viene dato un giudizio positivo abbiamo la seduzione.
      Possiamo anche notare che se la persuasione modifica la
      competenza modale del soggetto secondo il volere abbiamo la seduzione o la tentazione, se la modifica secondo il dovere abbiamo la provocazione o la minaccia (cfr.fig.3.).
      Il
      manipolato è così indotto a esercitare un fare interpretativo nel caso della seduzione e della provocazione su un'"immagine" positiva o negativa della sua competenza e nel caso della tentazione e della minaccia su un oggetto di valore positivo o negativo.
      Come il
      soggetto è dotato di una competenza pragmatica, così il destinante è dotato di una competenza cognitiva in base alla quale esso può sanzionare l'atto pragmatico del soggetto in base al sistema assiologico dei valori presenti nel contratto iniziale.
      Il
      destinante esercita, più precisamente, una sanzione pragmatica sul fare del soggetto e/o una sanzione cognitiva sull'essere del soggetto.
      È al livello della
      sanzione cognitiva come giudizio epistemico sull'essere del soggetto e sugli enunciati di stato che vanno introdotti i concetti di modalità veridittive ed epistemiche. 19

      2.8.4. Il
      programma narrativo

      Passiamo ora al concetto di
      programma narrativo.
      È questo un concetto importante perché nell'analisi dei testi bisogna essere in grado di gerarchizzare i
      programmi narrativi, distinguendo tra quelli di base e quelli d'uso.
      Possiamo distinguere il
      programma narrativo dai sintagmi del contratto, del dono e della prova in quanto questi ultimi sono configurazioni discorsive, mentre un programma narrativo è
      "un'unità di natura sintattica, costituita da un enunciato di fare che regge un enunciato di stato e situata pertanto sul livello semio-narrativo" (MARSCIANI e ZINNA, 1991, 99).
      I
      programmi narrativi di base si distinguono da quelli d'uso per il tipo di valore investito negli oggetti.
      Nei
      programmi narrativi di base il valore investito è di natura descrittiva, cioè valori che designano oggetti consumabili o tesaurizzabili (valori oggettivi) o valori che designano piaceri o stati d'animo (valori soggettivi).
      Nei
      programmi narrativi d'uso, invece, il valore investito è di natura modale, cioè il volere, dovere, potere e sapere che possono modalizzare sia l'essere che il fare.
      I
      programmi narrativi di base sono dilatati dai programmi d'uso.
      Essendo un
      programma narrativo di base una performanza, esso presuppone una competenza che appare così come un programma d'uso caratterizzato dal fatto che i valori a cui tende sono di natura modale.
      Il
      programma di acquisizione del sapere non è che il momento incoativo, all'inizio dell'intero movimento narrativo lontano dalla performanza, anche se in progressivo avvicinamento a quest'ultima.
      Il
      programma di ricerca del potere coincide, invece, con il momento durativo dell'intero programma.
      Quando il
      soggetto ha acquisito la competenza, l'oggetto-potere, ci si sta avvicinando al momento della trasformazione, della performanza attesa lungo la progressione della narrazione.
      Sul piano discorsivo, tutto questo è reso manifesto da
      unità semiche dette marche aspettuali (cfr.MARSCIANI e ZINNA, 1991, 101 sgg.).
      Il concetto di
      programma narrativo mette in evidenza la prospettiva della narrazione, cioè il fatto che "il testo può narrare la storia tanto a partire dal programma d'azione del soggetto che dell'anti-soggetto" (MARSCIANI e ZINNA, 1991, 102).
      Data la natura polemica del confronto tra
      soggetto e anti-soggetto, un programma narrativo contiene vere e proprie strategie.
      Il
      soggetto può decidere di passare alla performanza dopo aver esaminato la competenza dell'anti-soggetto.
      La
      lotta non è così tra soggetti del fare ma
      "tra simulacri di soggetti che, attraverso azioni cognitive basate sulle rispettive strategie di comunicazione, contrattano e si disputano il valore dei propri simulacri e dei simulacri degli oggetti, in breve quella che più banalmente chiamiamo immagine dei soggetti o di status a cui conduce il possesso dei beni o dei servizi" (MARSCIANI e ZINNA, 1991, 104).


      2.8.5.
      Enunciazione ed enunciato

      È a livello della
      sintassi discorsiva che la teoria greimasiana rielabora e approfondisce le problematiche dell'enunciazione poste da Benveniste (cfr.2.5.). Secondo la teoria greimasiana, l'enunciazione non è un'istanza di produzione che fa parte del contesto extralinguistico a cui l'enunciato fa riferimento ma "un'istanza semiotica logicamente presupposta dalla stessa esistenza dell'enunciato che si suppone contenga di essa delle tracce o marche" (MARSCIANI e ZINNA, 1991, 120).
      L'
      enunciazione è, quindi, un'istanza di mediazione che assicura la conversione in discorso della virtualità della lingua e che permette il passaggio dalla competenza alla performanza linguistica, dalle strutture semio-narrative alle strutture discorsive.
      L'
      enunciazione è il luogo di un "io, qui ed ora" che prima della sua articolazione è semioticamante vuoto e semanticamente troppo pieno.
      L'
      enunciato prodotto conserva dell'enunciazione solo parzialmemte alcune tracce.
      L'
      enunciazione è l'attività soggettiva originaria, è una pura istanza di produzione.
      L'analisi semiotica ha a che fare con quello che l'
      enunciazione non è, cioè con l'enunciato che la presuppone.
      I due concetti centrali della
      sintassi discorsiva sono il débrayage e l'embrayage.
      Il
      débrayage è la proiezione fuori dall'istanza dell'enunciazione degli attanti dell'enunciato e delle sue coordinate spazio-temporali.
      Il
      débrayage attanziale è una proiezione da parte del soggetto dell'enunciazione di un "non-io" nell'enunciato, il débrayage spaziale è la proiezione di un "non-qui", il débrayage temporale di un "non-ora".
      Ogni "io" che troviamo nell'
      enunciato non coincide con il soggetto dell'enunciazione ma ne è un simulacro.
      Quando troviamo in un discorso i
      simulacri "io" e "tu" degli attanti dell'enunciazione, abbiamo un débrayage enunciazionale o enunciazione enunciata.
      Questi
      simulacri sono chiamati enunciatore e enunciatario.
      Si ha un
      débrayage enunciativo, quando l'enunciato assume una forma oggettivata, cioè quando attanti e predicati non contengono le marche dell'enunciazione.
      Si parla, inoltre, di
      débrayage cognitivo quando l'istanza dell'enunciazione proietta nel discorso soggetti cognitivi quali l'informatore e l'osservatore.20
      Per quanto riguarda il
      débrayage spaziale, dobbiamo distinguere in una narrazione tra spazio topico che localizza il programma narrativo di base e gli spazi detti eterotopici.
      Lo spazio
      topico si può, inoltre, suddividere in spazio utopico che è il luogo della performanza e spazio paratopico che è il luogo dell'acquisizione della competenza.
      Per quanto riguarda il
      débrayage temporale, è sufficiente dire che i programmi narrativi possono essere localizzati temporalmente, grazie alle categorie della concomitanza e della non concomitanza.
      Quest'ultima può essere ulteriormente articolata in anteriorità e posteriorità.
      La funzione inversa del
      débrayage è detta embrayage.
      Mentre il
      débrayage è proiezione al di fuori dell'istanza dell'enunciazione, l'embrayage designa un effetto di ritorno verso l'enunciazione, conferendo così al soggetto dell'enunciazione lo statuto illusorio dell'essere.
      Ogni
      embrayage presuppone un débrayage a lui logicamente anteriore, rispetto al quale compie una reiezione.
      Abbiamo un
      embrayage quando in un discorso si torna verso l'istanza dell'enunciazione, usando i pronomi "io" e "tu", gli avverbi "qui" ed "ora", i nomi propri dell'enunciatore e dell'enunciatario e altri indicatori del tempo e del luogo dell'enunciazione.
      Possiamo concludere dicendo che questo ritorno all'istanza dell'
      enunciazione non è che un effetto di senso legato alle strategie veridittive degli attanti dell'enunciazione e non riferimento a realtà extra-semiotiche.
      Tutta la teoria greimasiana è una teoria della generazione del senso.
      La stessa "verità" non è che un effetto di senso prodotto da un discorso che ha come scopo "non il dire-vero ma il sembrare vero" (GREIMAS, tr.it.1984, 108).
      Il discorso non ha come scopo l'adeguarsi ad un referente ma di essere letto come "vero" da un
      destinatario.
      Al concetto di "verità", Greimas sostituisce quello di "efficacia".
      La
      manipolazione discorsiva ha come scopo "l'adesione del destinatario, il solo in grado di sanzionare il contratto di veridizione" (GREIMAS, tr.it.1984, 108).

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      "È vero, principe, che una volta avete detto che il mondo sarà salvato dalla bellezza?" Dostoevski, L'Idiota

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