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Lo sguardo modernista di Ruskin
da Rosalind Krauss, L’Inconscio Ottico.
di Giacomo Belloni

La Krauss ne L'inconscio ottico si domanda cosa accade quando la sicurezza della visione viene messa fuori strada dall'opacità di altri elementi che scorrono potenti sotto le certezze di un medium deviante - la vista - medium generalmente mai messo in discussione.
Il libro della Krauss vuole far emergere che ci sono altre
visioni che vanno ancora oltre quanto già fatto dal modernismo, con dinamiche fondate non solamente sull’abbandono della visione empirica, lòe dinamiche degli artisti de l’inconscio ottico. Per far questo bisogna riuscire a entrare dentro altre logiche, partendo da quelle innescate da Duchamp, per continuare con il surrealismo di Ernst, con l’informe di Bataille, con Picasso, con le dinamiche astratte dell’espressionismo di Pollock, e, per finire, con Eva Hesse.

Krauss inizia l’avventura dell’
inconscio ottico - termine preso in prestito da Piccola Storia della Fotografia di Walter Benjamin del 1931 - prendendo ad esempio la figura di John Ruskin, autore di Pittori moderni - uno dei libri peggio riusciti della letteratura artistica - considerato la mente più analitica d'Europa. Ruskin era di sicuro uno dei più convinti sostenitori del modernismo e, come tale, basava la sua capacità d'analisi su uno sguardo contemplativo unico, sguardo che si era formato e strutturato durante la sua infanzia quando, viaggiando con i genitori, si trovava costretto a valutare con velocità ciò che gli si rivelava per pochi istanti davanti agli occhi in rapido e continuo movimento. Il viaggio era l’unico svago per il piccolo Ruskin, picchiato se si lamentava […], niente dolciumi […] senza che gli venisse consentito alcun movimento per il timore che si ferisse.
Ruskin aveva imparato a guardare anche guardando il mare; rimaneva per ore a contemplarlo. Il suo sguardo si perdeva nell’immensità di quello che potrebbe essere considerato il medium privilegiato del modernismo, per quel suo perfetto isolamento, per il suo distacco dal sociale e per il suo effetto di chiusura su se stesso. Ruskin rimaneva in contemplazione del mare per ore, attratto da quella
sua pienezza visiva elevata e pura.
La sua visione pian piano si astraeva eliminando il reale - il visibile - in favore di agglomerati di linee, di forme e di colori. Un’autosufficienza e un’autonomia che portavano ad una completa estraniazione della scena dal mondo. Il suo senso ottico, come scrive la Krauss è formato dall’
infinitamente multiplo e dall’unificato.
Il pittore modernista ricrea sul quadro ricercando la visione di Ruskin, riorganizzando della superficie dell'occhio. La visione si modernista si struttura in funzione di parametri finora lasciati inesplorati.
Emblematico è ciò che dice Frank Stella parlando del giocatore di baseball Ted Williams per quella sua capacità di
vedere più velocemente di chiunque altro, riuscendo ad eliminare dalla sua visione ogni interferenza ricreando così nell’istantaneità un’astrazione totale.
Piet Mondrian entra di merito nell’alveo modernista per quella sua unica capacità di razionalizzare la pittura in un processo graduale di essenzializzazione che ruota intorno alle teorie dell'ottica fisiologica secondo alle dottrine di fine ‘800. Mondrian parte dal divisionismo -
un mosaico di sensazioni colorate - utilizzando la tela - il pittorico – come duplicato della superficie dell’occhio – il retinico. Nel 1919 con i Più e meno per la prima volta nella storia si perviene alla visione perfetta.

La Krauss vuole esaminare il modernismo come uno schema
quadrato (quindi non solamente un’opposizione binaria) e non come una storia sequenziale.
Disegna quindi l’asse di Klein degli strutturalisti ove inserisce sull’asse superiore, o
asse della visione, l’opposizione figura – sfondo (figura contro sfondo): senza questa non ci sarebbe la visione che comunque si genera per differenza, per separazione.
L'asse inferiore può essere considerato l'
asse della percezione (non-sfondonon-figura) o asse neutro dello strutturalismo.
Non-figura contro non-sfondo. Un vedere superiore, percettivo, che cancella la visione empirica. Una precondizione dell’apparizione dell’oggetto alla visione.
Il campo della percezione, dopo tutto, si trova sempre dietro i suoi oggetti; è il loro sfondo, i loro supporto, il loro contesto. Il visivo, nella sua normalità non “vede” il percettivo, ma ne sente la presenza, è il suo vero sfondo, ma non quello che è materialmente dietro la figura; lo sfondo della precondizione è ciò che è la visione.
Secondo la logica modernista quindi due piani distinti: quello della
visione e quello della percezione, dove quest’ultimo diviene ciò che, sincronicamente al primo, determina il fondo di una visione superiore.
Uno dei vantaggi dello schema di Klein è che dimostra l'esteriorità dello spettatore in relazione a ciò che viene da lui osservato. Il posto da lui occupato nello schema è quello del non-sfondo.
io@giacomobelloni.com


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"È vero, principe, che una volta avete detto che il mondo sarà salvato dalla bellezza?" Dostoevski, L'Idiota

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