Articolo pubblicato su l'Aperitivo Illustrato

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ARTE: MENZOGNA o VERITÀ?
L’artista: bugiardo o rivelatore di visioni superiori?

di Giacomo Belloni

L’arte è una menzogna che ci avvicina alla verità”. *(1) (Pablo Picasso)
Quest’affermazione di Picasso sintetizza in poche parole, anche se solo per l’attento e colto conoscitore, la ragione per la quale segni, forme e colori hanno la capacità intrinseca di racchiudere nel loro semplice apparire, tutta la maestria dell’artista nel trasferire sull’opera una differente, ma più completa, visione del contorto sentire umano. Quest’operazione diviene possibile solamente attraverso l’inganno, la
menzogna più sfacciata.
L’osservazione accorta dell’opera ci permette di scoprire un inaspettato punto di contatto, altrimenti impossibile, con le complessità dell’anima e ci consente di avvicinarci alla forma più nascosta, ma comunque percettibile, della
verità.
Per
mentire l’artista stravolge – spesso completamente, talora volutamente – il mondo visibile che prende in prestito per poterlo elaborare attraverso il processo creativo. Egli s’impadronisce del contesto, lo fa suo modificandolo secondo la propria sensibilità e lo ripropone trasformato in una differente visione, in un luogo interiore che vuole condividere con il suo spettatore e che diviene nell’opera più verosimile e credibile della stessa realtà, quella con la quale siamo soliti confrontarci nel quotidiano e che viene considerata erroneamente l’unica possibile, l’unica esistente.
L’arte è
mentitrice e bugiarda - come dice Picasso - perché, già nel suo presupposto d’esistenza crea uno schermo artificioso di finzione, un simulacro che vuole essere il collegamento con qualcosa che va ben oltre l’opera stessa. Quest’ultima è solamente il mezzo per condurre chi vi si imbatte in una dimensione alternativa, certamente superiore, sicuramente differente. L’opera è il pretesto che consente di accedere, senza farsi troppo distrarre dall’apparenza, all’essenza pura del percepire, alla verità di cui parla Picasso.
L’arte ci offre uno specchio irregolare ed imprevedibile, a volte concavo, a volte convesso, traslucido e deformante, uno specchio che altera la scontata esteriorità, come una superficie riflettente che smaschera l’ovvietà del reale, erroneamente considerata attendibile ed unica,
mentendo, per elevare la conoscenza ad un livello di verità vera, non più visibile, ma percettibile solamente attraverso le emozioni.

Il punto di partenza è sempre e comunque il reale, per quanto in molti casi l’artista, a lavoro ultimato, se ne ritrovi distaccato completamente. Nella pittura informale, per esempio, si sceglie volutamente di rinunciare a qualsiasi contenuto illustrativo proprio per sperimentare la più nobile ed elevata purezza, la
verità assoluta, epistemica.
Il reale viene elaborato e riconsegnato all’opera dissimile da come era in principio, cambiato, stravolto, spesso annientato, a dimostrazione di un’autonomia tipica dell’unico medium capace di andare ben oltre il mero mimetismo, oltre la semplice riproduzione, l’unico medium con cui viene soddisfatta la necessità dell’artista di rendere l’emotività personale e la propria interiorità.

Insomma, tutta l’arte è
menzogna, anche nel più fedele realismo, nell’iperrealismo, addirittura nella fotografia. Per allontanarsi dalla finta verità si astrae, con il fine di arrivare a nuovi contenuti inalterabili, sconfinati e immodificabili. Tutta l’arte è quindi astrazione, intendendo con questo termine quel processo creativo che permette di attingere dall’apparenza, quell’operazione artistica che permette di considerare un oggetto (o un’idea) solamente in alcune parti distinte e non la sua totalità; astrazione considerata come quel processo con cui l’uomo (e non Dio, in quanto già astrazione pura) può accedere attraverso l’analisi del singolo particolare all’immensità della sintesi universale, superando ogni condizione limitata dalla precarietà e dalla finitudine. L’astrazione di cui qui si parla, è quella potenzialità intesa come il tentativo artistico di arrivare a concetti assoluti, partendo da spunti appartenenti al mondo sensibile, per metterne da parte ogni loro caratteristica oggettuale, spazio-temporale e per superarne la caducità.
Un distacco dalla realtà che parte però inevitabilmente da essa, che in lei mantiene salde le radici e che a lei inevitabilmente ritorna, proprio per poter essere osservata, meditata e fruita da uno spettatore. Per far ciò si compie un percorso di allontanamento e di riavvicinamento, un tragitto dove diviene fondamentale la figura dell’artista.

“... qui abbiamo a che fare con esseri umani, e gli esseri umani sono universalmente riconosciuti per essere gli unici animali in grado di mentire, e mentre è vero che qualche volta mentono per paura, qualche volta per il proprio interesse, essi talvolta mentono perchè realizzano, appena in tempo, che questo è l’unico modo possibile per difendere la verità”. (José Saramago, Saggio sulla lucidità, 2004) **(2)

E se l’opera d’arte propone una
menzogna, l’artista è il bugiardo che la racconta; è colui che propone la propria idea mendace, forzatamente adulterata per creare il ponte tra un reale apparente e una realtà che non muta, nuda oramai di accidenti; luogo di contenuti prelogici e incorruttibili; “raggio che giunge dalle profondità” e che notturnamente, misteriosamente, infallibilmente scopre gangli non più scindibili di verità (D’Amico, 1990), un ponte che permette di oltrepassare quel confine rappresentato dal fiume in piena che oltrepassa i limiti della consuetudine. Non potrebbe essere altrimenti. La menzogna è raccontata da un bugiardo visionario; e lui, l’artista lo è per antonomasia, per definizione. Bugiardo perché deforma e stravolge nell’unico modo in cui è capace e con i soli strumenti con cui è in grado di operare, gli strumenti della creazione artistica.
Cosa accadrebbe se la
menzogna fosse invece, contrariamente a quanto siamo istintivamente abituati a credere, l’apparire tangibile, il mondo così come siamo abituati a considerarlo. Quel che normalmente si fa vedere terso ed incontestabile, quel che si offre con la sua facile chiarezza, si potrebbe rivelare in tutta la sua falsità ed ipocrisia. Secondo quanto dice Picasso l’opera è l’artificio che ci avvicina alla verità. Tanto più siamo lontani dalle sue elaborazioni, tanto più siamo lontani dalla verità.
Dipende quindi da quale altare si vuole esaminare questa faccenda, da quale punto di osservazione la si vuole vedere. L’opera consente di capire e chiudere il cerchio cognitivo
verità apparente - finzione - verità. Se si guarda dalla dimensione dalla quale siamo abituati a posizionarci, quella nella quale manteniamo ben saldi i piedi per terra e la testa sulle spalle, egli, l’artista, è il bugiardo per eccellenza, è colui che astrae un concetto per raccontarcelo elaborato secondo la propria fantasia e la propria inventiva, colui che altro non fa se non la propria convenienza di mentitore.
Se però guardiamo la stessa faccenda dall’altra sponda del fiume, quella dove per vedere basta chiudere gli occhi per entrare nella dimensione della sensibilità, scopriamo con stupore e meraviglia che l’opera ci concede finalmente di smascherare una dimensione ipocrita ed insincera, considerata purtroppo normalmente esclusiva per la sua facilità di osservazione.

*(1) “El arte es una mentira que nos acerca a la verdad”.
(Pablo Picasso)

**(2) “… aqui estamos a tratar com humanos, e os humanos são universalmente conhecidos como os únicos animais capazes de mentir, sendo certo que se às vezes o fazem por medo, e às vezes por interesse, também às vezes o fazem porque perceberam a tempo que essa era a única maneira ao seu alcance de defenderem a verdade.
(José Saramago, Ensajo Sobre a lucidez, 2004)


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"È vero, principe, che una volta avete detto che il mondo sarà salvato dalla bellezza?" Dostoevski, L'Idiota
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