Testo pubblicato su:
Calisti catalogo
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Stefano Calisti: La leggerezza della sintesi.
di Giacomo Belloni

"Les choses qui nous sont représentées dans le sommeil sont comme des tableaux et des peintures" (R. Descartes - Méditations).

C'è una dimensione sospesa nelle opere di Stefano Calisti, la stessa dimensione che si frappone tra il sonno e la veglia, tra l'oscurità della notte e la luce del giorno. Una dimensione "a metà", quella del sogno - né bianca né nera - uno stadio intermedio dalle mille sfumature ove tutto quello che avviene si sottomette a regole differenti da quelle contemplate dalle nostre aspettative. È la dimensione da cui tutto comincia, in cui tutto prende consistenza, quella dell’inconscio, che si manifesta nel sonno per approdare fumosa come finzione dipinta nella realtà cosciente.
In questa dimensione onirica i principi che conosciamo, quelli con i quali siamo confidenti, non hanno uno sviluppo logico e lasciano spazio ad un divenire completamente inaspettato. Una dimensione d'attesa ove ogni sensazione viene definita da tonalità differenti e da colori magici. È un luogo astratto ove nulla vale più: né la temporalità intesa come lo scorrere lineare e sequenziale degli eventi, né la relazione logica tra cause ed effetti; un luogo ove decade completamente ogni principio conosciuto e dove lo spazio è in continua mutazione secondo principi inaspettati, propri, unici ed autonomi. Etereo ed indefinibile, ciò che viene raffigurato da Stefano Calisti ci trasporta in un mondo incantato e poetico, lontano da ciò che ci saremmo mai aspettati da una figurazione ad esclusiva prerogativa della ragione.
Quando ci troviamo davanti ad un'opera di Stefano Calisti ci concediamo una pausa, un momento d'evasione per entrare in un piacevole stato confusionale, di smarrimento, uno stato nel quale qualsiasi certezza viene stravolta, ribaltata, dove i paesaggi si tingono di colori inusuali ed inconsueti. Dipinti sempre gentili e delicati, quasi impalpabili, velati di una leggera cipria di brillantezza che ne ammorbidisce qualsiasi espressività grinzosa o forzata.


La sensazione che ci pervade immediatamente quando ci lasciamo trasportare dalla sua arte è quella calda ed accogliente della serenità, della quiete, quella delle visioni appaganti tipiche del sonno profondo. I suoi paesaggi ci accolgono con ospitalità e divengono immediatamente un comodo e confortevole rifugio interiore, un rimedio alle asperità della realtà, un ambiente immaginario nel quale trovare asilo dalla faticosa contingenza. Questa è la sua qualità più grande, immediatamente percepibile: offrire un luogo di pace e di serenità, un luogo dove entrare tutte le volte che si vuole, da soli o in compagnia, senza la paura di essere inseguiti da chi - o da ciò - che volevamo lasciar fuori, ma con la certezza di poterci rimanere a lungo, almeno fintanto che fuori non sarà passato il pericolo, fintanto non sarà passata la paura.
La materia abbondante che si affaccia dall'opera avvicina il mondo fantastico del dipinto allo spettatore curioso, cercando con lui un abbraccio avvolgente, un coinvolgimento capace di trasportarlo all’istante all'interno del paesaggio. La materia rende reale il dipinto, non più solamente finzione, restituisce l'opera alla realtà dell'osservatore. La materia è un artificio sapiente e adulatore, necessario per rendere meno marcati i confini tra la dimensione dell'arte e quella della realtà. Da elemento esterno e lontano, l’opera, per mezzo della materia, diviene oggetto tra gli oggetti, rendendo così possibile creare un’immediata compartecipazione tra artista ed osservatore, delineando una linea sottesa di silenziosa complicità finalizzata ad una condivisione partecipativa degli intenti creativi. Questa connivenza si esplicita nell'incontro a metà strada tra artista e spettatore, in una zona di confine tra dimensioni, resa possibile per mezzo della matericità che rende l'opera vicina, non solamente agli occhi, ma a tutti gli altri sensi. Il dipinto diviene così per la vista un’esperienza tattile, estremamente intuitiva, perché Calisti ha quella rara capacità di riuscire a semplificare; rende facile e familiare ciò che - del mostro mondo - stavamo provando a comprendere, ma senza successo. Per questo piace a tutti, - grandi e piccini - anche ai meno addentro alle complesse vicende dell'arte. Pur nella sua colta maestria egli riesce ad entusiasmare e mettere d'accordo chiunque si avvicini alla sua opera, per merito di quella sua capacità di renderne facile la fruizione.


La volontà di esternare con naturalezza il proprio mondo interiore, intimo e personale, ben si confà con la curiosità dell'osservatore, per merito di quel suo linguaggio sintetico, quasi elementare. I suoi lavori offrono un vero e proprio back to basic, un ritorno al mestiere, in cui l’artista è in grado di comunicare direttamente all’osservatore per mezzo delle proprie opere. Non sono qui infatti più necessarie le interpretazioni di un mediatore; Calisti non ha bisogno della perizia del connoisseur o dei chiarimenti dell'esperto di turno, perché la sua arte rifugge da qualsiasi inutile giustificazione autolegittimante atta a scagionare inutili o vuoti tentativi creativi senza senso né valore, troppo frequenti oggi nella babele del contemporaneo.
Quello che vedi sul dipinto è la nuda e cruda realtà dell’artista, senza finzioni o mistificazioni, è la sua interpretazione del suo mondo: le colline marchigiane, i cieli tersi, la tipica vegetazione fatta di querce solitarie che dominano forti una terra madre, florida e feconda. Tutto raffigurato attraverso colori incantati e magici, quelli del sogno che li materializza. Ecco allora firmamenti scarlatti, campi arancioni, querce cobalto; ocra per i muri delle case, rame e giallo brillante per i campi di grano, chiome intense vestite in rosso veneziano.
Il colore, unico ed irripetibile segno distintivo della sua opera è la firma inconfondibile dei suoi lavori. È stato giustamente definito il prestigiatore dei colori per quella sua capacità di scegliere, mescolare, dosare e posare le liriche tonalità della sua tavolozza sul dipinto. Anche per mezzo del colore Calisti, maestro della sintesi, appiattisce le campiture, elimina le pesantezze, evita le sfumature non necessarie rendendo i suoi dipinti sempre più immediati e digeribili, con tinte mai invadenti o faticose da leggere.
Le sue opere sono poesie delicate e gentili, emblema di un vero e proprio modo di essere, prima ancora del fatto di essere pittore, sempre energiche ed estrose, fantasiose e creative. Un modo di essere, quello di Stefano Calisti, che va ben oltre la semplice voglia di esprimersi attraverso tela e pennello, ma che permea ogni istante della sua vita attraverso una leggerezza positiva e briosa. Questo è il risultato di una scelta precisa e consapevole, maturata dopo le profonde riflessioni costrette dagli eventi, la scelta di prendere tutto molto meno seriamente, perché oltre la coltre scura ed opprimente dell'apparenza c'è un mondo incantato dal quale è ancora possibile farsi corrompere, quello dei suoi dipinti.

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"È vero, principe, che una volta avete detto che il mondo sarà salvato dalla bellezza?" Dostoevski, L'Idiota

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